Great Gloom: la Generazione Z sta cambiando il mondo del lavoro

ragazzi lavorano al computer

07 Febbraio 2024

La redazione di Bmind

La redazione di Bmind

Sempre più giovani mettono al primo posto la vita privata al lavoro, ecco in cosa consiste la Great Gloom e perché sta dilagando

Quando parliamo di giovani e lavoro, facciamo riferimento a coloro che sono nati dalla metà degli anni ’90 fino al 2010. In Italia, la Generazione Z è costituita da circa 9 milioni di persone, quasi l’11% della popolazione, un gruppo che entro il 2030 rappresenterà un terzo dei lavoratori mondiali.

Great Gloom significa “grande tristezza” ed è un sentimento che ha cominciato a farsi largo soprattutto nella Generazione Z. Molti ragazzi e ragazze si affacciano al mondo del lavoro pieni di speranze, magari dopo aver studiato per molti anni, credendo di coronare finalmente un percorso faticoso con le prime soddisfazioni e la prospettiva di una carriera brillante davanti a loro. 

Purtroppo, però, si ritrovano a scontrarsi contro un muro e a rimanere delusi. Perché questo succede? Quali elementi del mondo del lavoro di oggi respingono i giovani e li fanno cadere in uno stato di profonda tristezza e insoddisfazione?

Il lavoro può diventare una gabbia da cui scappare

post it
Molti giovani decidono di licenziarsi – Unsplash – bmind.me

I giovani di oggi si sentono ingabbiati tra le sbarre rigide di lavori soffocanti, che non lasciano loro il tempo di coltivare interessi o relazioni al di là della sfera lavorativa. Chi comincia a lavorare, soprattutto con poca esperienza alle spalle, si vede costretto a fare una gavetta interminabile, fatta di orari insostenibili e poca gratificazione. Il risultato? Il licenziamento volontario.

Ad oggi, le percentuali di licenziamenti in giovane età sono aumentate a dismisura, e sembra proprio che la Generazione Z non sia disposta a scendere a compromessi quanto di tratta di equilibrio vita-lavoro.

Se infatti, le generazioni passate vivevano il licenziamento come una sconfitta personale, i giovani di oggi lo vedono come una liberazione, come la possibilità di poter ripartire da zero e smettere di sacrificare la loro vita in nome di un lavoro che, piano piano, sta nuocendo al loro benessere psicologico.

Great Gloom: i numeri parlano chiaro

Secondo la ricerca Employee Happiness Index, da giugno 2020 c’è stato un calo drastico della soddisfazione dei dipendenti nei confronti proprio lavoro, che ha toccato il -16%.

Uno dei fattori principali che ha portato a questo picco negativo è stata la differente gestione del lavoro durante la pandemia. Avere avuto la possibilità di lavorare da casa e sostenere dei nuovi equilibri di vita più favorevoli, ha fatto in modo che il rientro alla normalità, e quindi ai soliti orari e spostamenti legati al lavoro, diventasse un trauma per molte persone. È come se lo smart working avesse fatto assaggiare una nuova flessibilità lavorativa ai dipendenti, a cui adesso è difficile rinunciare.

Nel 2023 il tasso di soddisfazione generale rispetto al proprio posto di lavoro è sceso ulteriormente dell’11%, soprattutto tra i più giovani. L’equilibrio tra lavoro e vita privata viene vissuto dalla Generazione Z come qualcosa di imprescindibile, tanto da arrivare a licenziarsi pur di preservarlo. 

Un altro importante fattore di insoddisfazione legato al mondo del lavoro attuale è la retribuzione

In Italia si tratta di un vero e proprio tasto dolente; infatti, un dipendente italiano guadagna quasi 15mila euro l’anno in meno rispetto ad un collega tedesco e addirittura la metà di un collega americano. Questi dati ci fanno capire anche perché molti giovani decidono di abbandonare l’Italia e trasferirsi all’estero per lavoro, alimentando quella che viene definita la grande “fuga di cervelli”.

Circa l’83% dei giovani si dicono disposti a cambiare lavoro ogni due anni, il 4% pianifica di accontentarsi di un determinato lavoro per meno di un anno, e solo il 13% della Generazione Z pianifica di rimanere legato ad un posto di lavoro per più di 4 anni.

La rivoluzione dei giovani nel mondo del lavoro

frase sul fallimento
Se non hai mai conosciuto il fallimento, non potrai mai conoscere il successo – Unsplash – bmind.me

Ci vuole coraggio per cambiare lavoro e ricominciare da capo, e i giovani di oggi sono decisamente coraggiosi.

Molti pensano che le nuove generazioni non vogliano fare fatica, che si arrendano facilmente di fronte alle difficoltà solo per pigrizia. Ma se non fosse davvero così? Se avessero in realtà il coraggio di fare ciò che i loro genitori non hanno mai avuto il coraggio di fare?

Dire basta non è da deboli, è da persone consapevoli e determinate, che a un certo punto capiscono che continuare in una strada li porterebbe solo a perdere sé stessi.

Dire basta, cambiare strada, allontanarsi da ciò che ci fa stare male non è da falliti, e il cambiamento non va vissuto come qualcosa di negativo, da rifiutare, ma come parte integrante della crescita personale prima ancora che professionale.

Come hanno reagito le aziende?

Il tasso di insoddisfazione in aumento è un grosso problema per le aziende. Questo dato, infatti, è strettamente correlato al rendimento dell’azienda: a dipendenti soddisfatti, felici e proattivi corrisponde una percentuale più alta di obiettivi raggiunti e un miglioramento in generale delle performance aziendali.

Ecco perché, negli anni, sono nate politiche di welfare aziendali e percorsi psicologici a supporto del benessere dei dipendenti.

Secondo uno studio condotto da BambooHR, nel 2023 il 18% delle aziende ha deciso di attivarsi per ridurre il tasso di insoddisfazione interno, e alcune grandi multinazionali hanno deciso di attrezzarsi contro la Great Gloom, concentrandosi principalmente sul garantire ai propri dipendenti un miglior bilanciamento vita/lavoro.

Luxottica, ad esempio, ha deciso di proporre ai dipendenti di lavorare 20 giornate in meno l’anno, mentre Lamborghini vuole garantire l’alternanza di settimane lavorative di cinque giorni con settimane lavorative di quattro.

L’introduzione della settimana corta, potrebbe essere un provvedimento efficace ma da solo non basta: bisogna lavorare soprattutto sul benessere psicologico di chi si alza ogni mattina per andare al lavoro.

Il supporto di BMind per le aziende

ragazzi felici di lavorare insieme
Bisogna tenere alto il tasso di soddisfazione e coinvolgimento dei dipendenti – Unsplash – bmind.me

Noi di BMind da sempre ci impegniamo a rendere gli ambienti di lavoro inclusivi e favorevoli per i dipendenti. Affianchiamo le aziende con percorsi dedicati e consulenze su misura per le diverse realtà aziendali, perché crediamo nella possibilità di cambiare il mondo del lavoro dall’interno, rendendolo un percorso positivo e di crescita per le persone. 

Le persone prima di tutto

La nostra regola è considerare i dipendenti prima di tutto come persone, che, come tali, hanno aspirazioni, insicurezze e necessità, e realizzare di conseguenza dei percorsi di formazione per i dipendenti o di supporto per HR e vertici aziendali, in modo tale da disegnare un differente pattern lavorativo che somigli sempre meno ad una gabbia e sempre di più a un trampolino di lancio.

I vantaggi del percorso psicologico in azienda

L’importanza dei percorsi psicologi interni all’azienda è qualcosa che trova supporto nei dati statistici raccolti in differenti ambienti lavorativi:

  • il 45% dei dipendenti non ritiene che la propria azienda fornisca un supporto adeguato.
  • l’ 80% di questi dipendenti ha apprezzato il fatto di lavorare in organizzazioni con iniziative di benessere, con conseguente aumento della produttività.
  • l’ 85% dei dipendenti che hanno accesso ai programmi di benessere, dichiara di voler rimanere al proprio posto di lavoro.
  • Supportare psicologicamente i dipendenti aumenta la fidelizzazione del 52% (employer branding) e riduce il turn over in modo netto.
  • Diminuisce la probabilità di insorgenza burnout del 28%, influenza positivamente la produttività (+ 69%) e l’impegno dei dipendenti.
  • Migliora la reputazione aziendale del 66% e questo influisce positivamente il recruiting.

Il mondo del lavoro sta cambiando e noi ci stiamo impegnando affinché questo cambiamento possa essere positivo e incoraggiante.

L’appello che vogliamo fare a voi giovani è di continuare a lottare per la vostra felicità e di non scendere mai a compromessi quando si tratta di benessere psicologico: cambiare non significa fallire e la Great Gloom, per quanto possa minacciare la produttività delle aziende, è da interpretare come un buon segno: i giovani di oggi hanno il coraggio di non accettare più ciò che intere generazioni si sono sempre fatte andare bene in passato.

Infatti, secondo i dati LinkedIn, i lavoratori della Generazione Z cambiano lavoro con un tasso di crescita del 134%, una percentuale nettamente superiore rispetto al 24% dei Millennials e al 4% dei Boomer, che questo coraggio non lo hanno mai avuto.

In conclusione, bisogna tenere a mente la regola più importante, che dovrebbe valere per tutti noi e non solo per la Generazione Z: non è un lavoro a determinare chi siamo, sono le nostre scelte di vita.

07 Febbraio 2024